Trucco è spesso sinonimo di mistificazione. Lo stesso senso della parola make up in inglese dà come sinonimo “disguise”. Come se pennelli, colori e fondotinta fossero i supporti di una maschera che mettiamo per meglio apparire ma non solo: sempre più spesso per omologarci. Stesse sopracciglia, stesse labbra, stessi interventi che poco considerano l’identità soggettiva e tanto si poggiano su mode, tendenze, tormentoni di celebrità più o meno pervasivi.
Sentire Paolo Guatelli parlare di morfo psico make up- ovvero del trucco come strumento per conoscere se stesse e valorizzare non solo il volto, bensì l’anima, è semplicemente straordinario.
Quando poi sfodera l’acronimo SMS –ergo Shape, Mind, Soul- si comincia a riflettere sul modo in cui ci si guarda allo specchio ogni mattina.
“Parlo spesso di Beauty Mindfullness, riferendomi al fatto che ogni persona, ogni mattina, può vivere quel momento in totale intimità con se stessa, osservandosi nuovamente attraverso le mani e puntando non a cancellare difetti ma a scoprire e valorizzare la propria identità più profonda”.
Morfo-psico-make up: dal trucco al subconoscio
E’ affascinante apprendere che dalla struttura delle narici, da una dimensione più o meno ampia della fronte, dalla prominenza o turgore delle labbra, possiamo comprendere l’impalcatura mentale, emozionale e istintuale di un essere umano.
La morfopsicologia è la scienza che studia le relazioni tra la forma del viso e lo psichismo, ovvero studia i rapporti antropometrici del viso in relazione allo stato fisiologico e psicologico del paziente.
“Ha le sue origini nella fisiognomica ma va oltre. Qui lo studio è dinamico e si basa sui due istinti complementari e opposti: espansione e ritrazione. Lo stesso concetto di Yin e Yang orientale”.

